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"> Nicca Iovinella | PLAY
Nicca Iovinella Visual Artist

PLAY

 

L’ex canapificio di Frattamaggiore, dove per secoli si è intrecciata la canapa utilizzata per i cordami delle navi del Regno di Napoli; una ex cittadella industriale ora denominata la “Città dei bambini”: questo il luogo che accoglie l’installazione-performance dal titolo Play, progetto con cui l’artista napoletana Nicca Iovinella affronta a suo modo il tema del gioco, mezzo attraverso il quale le già ben note avanguardie contemporanee hanno sovvertito tutte le regole stabilite dalla storia dell’arte, opponendone inaspettatamente delle altre.
Indossata la sua riconoscibile tuta bianca, Iovinella percorre un lungo corridoio, illuminato dalla sola luce naturale che filtra dalle ampie finestre. L’artista si appresta dunque a fare un gioco, di cui si ritrova ad essere unica partecipante, seppur sdoppiata dalla presenza di uno specchio. L’immagine riflessa è sempre la stessa, ma mutevole. Il tempo dell’azione scorre, lento ed incessante. Il mezzo ludico scelto è quello della Campana, gioco semplice ma dalle antiche origini che, privato del suo tradizionale percorso numerico, si presenta ora alla stregua di un bivio, con all’interno delle caselle solo parole, le più semplici da pronunciare, ma che comportano talvolta l’estrema difficoltà di dover fare una scelta: il Sì ed il No. Iovinella racchiude nella sua mano lo strumento che le consentirà di iniziare il gioco, il sasso che dovrà essere lanciato e che decreterà l’agognata risposta, in questo modo, affidata al fato.


Lo spettatore si sente rassicurato: seppur ancora ignaro dell’imminente responso, si affida infatti alla consapevolezza di potersene impossessare di lì a poco, non appena il sasso avrà trovato dimora su una delle sopracitate caselle. Ma è nell’istante stesso in cui la pietra è lanciata che avviene l’inaspettato: nel suo lento fluttuare, lo strumento inanimato prende vita. Il peso del sasso, diviene il peso di un corpo, quello dell’artista. È la stessa Iovinella ad essere sospesa per aria e a dover prendere una decisione, indirizzando la sua lenta traiettoria sul Sì o sul No. O addirittura scegliendo di posizionarsi su una delle tracciate linee che li separano, linee nemiche che porrebbero l’artista in quel limbo decisionale, del tutto umano e comprensibile, in cui ci si rifugia ben volentieri, spesso per la paura di dover dare un taglio netto, eliminando le sfumature.
Il tempo pare dunque fermarsi, sospeso, come noi spettatori, nell’attesa di una conclusione.
Una bambina appare sulla scena, distogliendo la nostra attenzione. Iovinella ha adesso una compagna di giochi, un’anima pura, la cui ingenuità ed innocenza potranno forse essere la migliore arma con cui porre fine alla partita. Ecco presentarsi, ancora una volta, una duplice chiave di lettura, tanto cara all’artista: la complessità di un mondo adulto che s’incontra, e scontra, con la facilità infantile di affrontare la vita.
Un video documenta, fissandola nel tempo, l’intera performance. Per conoscere il finale, c’è un solo tasto da azionare: il Play.

The former Canapificio of Frattamaggiore, where for centuries hemp was woven and used for the ropes of the ships of the Kingdom of Naples; a former industrial citadel now called the "City of Children": this is the place that welcomes the installation-performance titled Play, a project in which the Neapolitan artist Nicca Iovinella approaches to the theme of the game, through which the well-known contemporary avant-gardes have overturned all the rules established by the art history, unexpectedly opposing something different.

Iovinella wears her recognizable white suit and walks through a long corridor, illuminated only by the natural light that filters through the large windows. Therefore the artist prepares herself to make a play in which she is the only participant, although she is split by the presence of a mirror. The reflected image is always the same, but changing. The time flows, slowly and relentlessly. The playful means chosen is the Campana, a simple but ancient game that, deprived of its traditional numeric route, is now like a crossroads with only two words inside the boxes, the easiest to pronounce, but that sometimes implicate the extreme difficulty of making a choice: Yes and No. Iovinella has in her hand the tool that will allow her to start the game, the stone that will be launched and that will decide the coveted answer, in this way, entrusted to fate.

The viewer feels reassured but, still unaware of the imminent verdict, relies on the awareness that he will know it shortly, as soon as the stone will be placed on one of the boxes. But when the stone is thrown something unexpected happens: in its slow floating, the inanimate instrument comes to life. The weight of the stone becomes the weight of a body, the artist’s body. Iovinella is now suspended in the air and she is going to make a decision, directing its slow trajectory on Yes or No. Or even choosing to position herself on one of the lines drawn between the boxes, the enemy lines that would place the artist in a human and understandable limbo, in which you take refuge, often for fear of having to make a clean break.

Therefore, time seems to stop, suspended, as well as the spectators, waiting for a conclusion.

A little girl appears on the scene, diverting our attention. Now Iovinella has a playfellow, a pure soul, whose innocence may perhaps be the best weapon with which to end the game. There is, once again, a double key, dear to the artist: the complexity of the adult world that meets and clashes with the infant easiness to face life.

A video documents, fixing it in time, the whole performance. To know the ending, there is only a button to press: Play.

 

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